lunedì 21 maggio 2018

Tr_7 : Slesia - L'ultimo treno.

L’ULTIMO TRENO 

I profughi e noi, tutti attendevamo l’arrivo del treno che sarebbe andato in direzione ovest, quindi anche verso Sagan, la nostra destinazione.
Eravamo ben consapevoli che sarebbe stato difficile salire su quel treno ma dovevamo riuscirci per forza, in qualsiasi modo, altrimenti saremmo rimaste a Glogau e forse non saremmo mai più partite.

Cercavamo di farci spazio attraverso la massa di persone, mano nella mano per arrivare fino al bordo del marciapiede.
Per nostra fortuna non avevamo più nessun pacco, così riuscimmo facilmente ad infilarci in mezzo alle persone.

Dopo un'ora finalmente il treno arrivò, già stracarico di profughi.
La sorte volle che quando il treno si fermò, ci trovammo proprio di fronte allo sportello e, velocemente, salimmo sopra.
La ressa era tantissima, tutti spingevano gli altri verso la porta, e chi era salito cercava di tirare su chi era rimasto sul marciapiede.



Lo spazio era poco e la confusione tanta, ma noi grazie a Dio eravamo dentro.
Coloro che non erano riusciti a salire piangevano e gridavano; purtroppo il peso e l’ingombro dei bagagli non aveva permesso loro di arrampicarsi sul treno.

Il treno partì.

La maggior parte rimase indietro, 
lasciati soli al loro destino. 

A tarda ora, forse intorno alle undici della sera, il treno entrava nella stazione di Sagan.
La discesa dal treno fu altrettanto difficile quanto la salita perché ci dovemmo arrampicare su valigie e zaini per riuscire ad arrivare allo sportello del treno.

Appena fummo all'aperto ci sentimmo felici di essere riuscite a tornare indietro.
Prima di avviarci a piedi verso casa, andammo verso il fabbricato della stazione, dove sapevo che mio zio Josef faceva il suo ultimo turno di notte, perché da quell'ora in poi non ci sarebbe stato più nessun treno.
Mio zio volle sapere da noi tutto quello che stava succedendo ad est e noi gli raccontammo tutte le vicende vissute durante quel giorno. Salutammo lo zio e ci avviammo a piedi di notte verso Küpper, il nostro villaggio.

Finalmente arrivammo a casa.



***

Alle warteten auf den Zug der Richtung Westen, also auch über Sagan, unserem Ziel, fahren würden. Nun wußten wir was auf uns zukam. 
Wir mußten unter allen Umständen in diesen Zug hineinkommen, egal wie, sonst wären wir von Glogau nicht mehr weggekommen. 

Wir versuchten durch die Menschenmenge, händehaltend am Rande des Bahnsteiges, uns vorzuschieben. 
Unser Glück war, daß wir kein Gepäck mehr hatten; so konnten wir uns besser durchzwängen. Nach einer 

Stunde kam dann der Zug, bereits mit Flüchtlingen überfüllt. 
Wir hatten Glück, der Zug hielt und direkt vor uns war eine Wagontür. Jetzt ging alles blitzschnell. Eine drückte die andere zur Tür hinein, die letzte wurde gezogen.
Es war eng und alles ging drunter und drüber, aber wir waren Gott sei Dank drin. 

Draußen am Bahnsteig ein Schreien und Weinen; mit viel Gepäck war es einfach nicht möglich in den Zug einzusteigen. 


 Der Zug fuhr los, 

die meisten blieben zurück, 
allein ihrem Schicksal überlassen. 

 Zur später Stunde, so um elf Uhr abends, fuhr der Zug im Bahnhof von Sagan ein. Genauso schwierig wie das Einsteigen war auch das Austeigen. 
Wir mußten über Koffer und Rucksäcke steigen um zur Wagontür zu gelangen. 

Als wir ins Freie kamen waren wir erst einmal froh daß wir es geschafft hatten, wieder zurückzukommen. 
Nun mußten wir aber zu Fuß, bei Nacht nach Küpper laufen in unser Dorf. Aus das haben wir geschafft. Zuerst gingen wir zum Bahnhofsgebäude.
Ich wußte daß mein Onkel J. Nachtdienst hatte, sein letzter, denn von nun an kam kein Zug mehr.

 Wir erzählten ihm alles was wir gesehen und erlebt hatten.


Endlich sind wir zu Hause angekommen.